IL "Calvario degli Alpini"

L’8 giugno, sul far della sera, le truppe sono schierate in attesa dell’ordine di attaccare quando giunge l’ordine di rinvio di ventiquattro ore per le condizioni atmosferiche avverse. Ore di snervante, ansiosa attesa sotto la pioggia e nel fango.

10 giugno, ore 5,15. Più di 1000 cannoni, schierati da Cima Caldiera ad Asiago aprono il fuoco preparando l’attacco con il bombardamento delle linee nemiche. Alle ore 15 le fanterie attaccano.

 Così il giornalista De Mori descrive la scena: «Finalmente assistiamo al prodigio. Alpini e fanti escono di corsa e danno la scalata alle rupi entro le quali si annida il nemico: poi scompaiono. La bufera pare li abbia portati via nel suo grembo... Qualche minuto dopo, tra gli squarci aperti nella nebbia e nel fumo, gli assalitori riappaiono sulle posizioni nemiche gridando "Savoia!"...». Ma per gli Alpini comincia il Calvario! Alcuni racconti di partecipanti ci chiariscono particolari dell'attacco: "...verso il Campanaro.. solo alcune tracce di piccoli sentieri indicavano il percorso..veri passi obbligati... Le mitragliatrici nemiche con tiro aggiustato battevano con inesorabile precisione quel punto... ad uno ad uno e quasi tutti cadevano colpiti..." ed un'altra "...Le ondate degli assalitori italiani si susseguivano ad intervalli: e annientata la prima ne seguivano altre che subivano la stessa sorte; per salire erano costrette a calpestare i mcchi di compagni morti o feriti... Si videro soldati austriaci che, inorriditi da quel facile massacro sparavano senza neppure mirare per non vedere quella macbra scena..".

La 52a Divisione divide le truppe attaccanti in due colonne: la colonna Cornaro e la colonna Di Giorgio.

La colonna Cornaro, attraverso la Valle dell’Agnella, tenta di scardinare la linea fortificata che prende il nome di "Opere Mecenseffy" (Comandante austriaco del settore ed organizzatore di un valido sistema difensivi: morirà per ferita da scheggia il 6 ottobre 1917 a M. Corno di Campoverde) e di conquistare il Costone dei Ponari ed il Monte Campigoletti. Al grido «Savoia!», il "Mondovì" si getta sulle posizioni nemiche e conquista il Corno della Segala riuscendo a mantenerlo con l’aiuto del "Ceva" e del "Val Stura". Il "Vestone" ed il "Bicocca", d’impeto e con numerose perdite, superano la prima linea di reticolati del Costone dei Ponari, aiutati anche dalla nebbia, ma sono arrestati sulla seconda linea e presi d’infilata dal fuoco nemico.

La colonna Di Giorgio scende nel Vallone dell’Agnellizza dove si divide in due tronconi: gli Alpini del "Bassano" risalgono, sotto il micidiale fuoco nemico, su per il Passo dell’Agnella verso la quota 2.003 e la quota 2.101 mentre gli Alpini del "Sette Comuni",  puntano direttamente sul settore più fortificato della quota 2.105, la vetta dell’Ortigara. Così ricorda il Magg. Milanesio, comandante il "Sette Comuni":" Alle ore 14.30, ... il "Sette Comuni" intonava, compatto, l'Inno di Mameli... Alle ore 15, i Battaglioni della prima ondata scattarono con balzo simultaneo, magnifico, giù lungo il declivo sconvolto, coperto di neve, sul fondo del Vallone dell'Agnellizza... raffiche rabbiose di mitragliatrice, un turbine di granate e di shrapnels... Ogni colpo centuplicava la sua potenza offensiva in mille schegge di roccia, che ricadevano sui valorosi, martoriandone e straziandone i corpi".

Il "Bassano" insanguina il Vallone dell’Agnellizza (che verrà nominato Vallone della Morte) e, decimato, espugna la quota 2.003. Da qui sferra l’attacco alla quota 2.101, chiamata dagli Austriaci "Cima Le Pozze" e strenuamente difesa; l’assalto si arresta, ma accorrono in aiuto Compagnie del "Val Ellero" e del "Monte Clapier" e la quota 2.101 viene conquistata. Dopo un infruttuoso tentativo di procedere verso la vetta (quota 2.105) i soldati si attestano e fortificano sulle posizioni.

La 52a Divisione registra le seguenti perdite: 35 ufficiali morti, 85 feriti, 2 dispersi; 280 militari morti, 1874 feriti, 309 dispersi. In totale il primo giorno si registrano perdite per 6.752 uomini: un quarto delle perdite totali di tutta l'offensiva. Ma l'azione continua!!

Nella notte, fino all’alba i Battaglioni "Tirano" e "Monte Spluga" si portano di rincalzo: iniziano la discesa del Monte Campanaro e si accingono ad attraversare il Vallone della morte, illuminato sinistramente dalle esplosioni. Questo tratto mieterà vittime una dopo l’altra. Queste " truppe fresche" giungono a quota 2.101 (Cima Le Pozze) e di li avrebbero dovuto sfondare verso Cima Dieci ed il Portule.

Alle ore 8 giunge l’ordine del gen. Mambretti, comandate l’Armata, di sospendere l’attacco e rinsaldarsi sulle posizioni. Il nemico intanto si era ulteriormente fortificato su Cima Ortigara ed il gen. Como Dagna, per "consolidare le posizione" decide di sferrare un nuovo attacco contro le posizioni del giorno precedente. Alle 16 ricomincia il Calvario degli Alpini. Il "Verona" ed il "Sette Comuni" si sacrificano nei reiterati attacchi contro Cima Ortigara, mentre il "Val Arroscia" ed il "Monte Mercantour" si dissanguano contro le fortificate "Opere Mecenseffy". Il "Tirano" ed il "Monte Spluga" riattaccano il Passo di Val Caldiera e la Cima Dieci ad ovest dell’Ortigara e raggiungono, a prezzo di pesanti sacrifici, le posizioni nei pressi di Passo di Val Caldiera, ma debbono ritirarsi per non essere accerchiati. Alle perdite del giorno precedente si debbono aggiungere: 12 ufficiali morti, 12 feriti e 1 disperso, 54 militari morti, 420 feriti, 54 dispersi (prigionieri od annientati dalle bombe).

Il gen. Mambretti decide finalmente di sospendere l’azione per almeno tre giorni, ma il 15 giugno c’è un tentativo da parte degli austriaci di riprendere le posizioni perdute che, però, s’infrange contro il valore degli Alpini. A questa azione partecipano anche i Battaglioni "Valtellina", "Saccarello" e "Monte Stelvio". Il bilancio delle perdite è elevatissimo: 12 ufficiali morti, 48 feriti e 2 dispersi su 217 militari morti, 896 feriti e 269 dispersi.

Tra il 15 ed il 19 giugno c’è relativa calma, fatta eccezione per un attacco a Cima Ortigara il 17 giugno.

Il 19 giugno giunge l’ordine di ripetere l’attacco a Cima Ortigara, Passo di Val Caldiera verso il Portule. La Colonna Cornaro attaccherà da sud-est, mentre la Colonna Di Giorgio, che insieme ai Battaglioni Alpini schiera anche fanti del 4° Reggimento ed il 9° Reggimento Bersaglieri, attaccherà da est e da nord-est. Alle ore 8 del 18 giugno comincia il fuoco dell’artiglieria ed alle prime luci dell’alba del 19 giugno i Battaglioni sono ammassati nelle posizioni d’attacco. Alle ore 6 si scatena l’assalto. Dopo varie, sanguinose ondate, la Cima Ortigara, che si credeva inespugnabile, viene vinta da più lati dagli stanchi e decimati Alpini a cui si sono aggiunti elementi del Val Dora. Questa sofferta gioia non dura che pochi giorni.

Il 25 giugno alle ore 2,30 si scatena l’inferno dei tiri d’artiglieria austriaca. Alle ore 2.40 si accende l’assalto, reso ancora più tremendo dall’uso di lanciafiamme. Alle ore 3,10 un razzo bianco annuncia ai Comandi austriaci che l’Ortigara è di nuovo in loro mani. Incredibile l’ordine del Comando Italiano: «occorre riprendere ad ogni costo» le posizioni. Alle ore 20 i provati e sfiduciati battaglioni di alpini, fanti e bersaglieri si rigettano nel carnaio del micidiale fuoco nemico per concludere l’ultimo atto del massacro. Il Battaglione "Cuneo", nuovo sul terreno dell’Ortigara, rioccupa la quota 2.003 che manterrà fino al 29 giugno quando sarà catturato insieme al "Marmolada" ed inviato nei «Lager» austriaci. Il 25 giugno la 52 Divisione perdeva 5.969 uomini!

il 29 giugno giunge l'ordine di ritirata generale! Alpini, bersaglieri, fanti lasciano le precarie posizioni e ritornano a Cima Caldiera ed al Lozze. Ma quanti rimangono per sempre su quelle rocce! Scrive Paolo Monelli:« A buio ordine di ritirata! Per il Vallone dell'Agnellizza, tra fetide oscene carogne, un senso a cui non  s'osa credere ancora di liberazione; possibile che non se ne accorgano e ci lascino tranquilli fino alla fine? e rientriamo nelle linee».

...Nella Valle c'è un cimitero... dice la canzone.

Complessivamente la 52 Divisione perse nella Battaglia dell’Ortigara 12.633 uomini così suddivisi:

 

Morti Feriti Dispersi
Ufficiali 110 330 50
Uomini di truppa 1.454 8.127 2.562

La battaglia dell'Ortigara si estese anche a sud ovest del Monte e coinvolse fanti e bersaglieri che, scontrandosi con munitissime trincee nemiche, versarono un altissimo contributo di sangue con il sacrificio di circa 8.900 soldati. Fra tutti giova ricordare la coraggiosa e sfortunata Brigata Sassari.

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